MA COS’È QUESTA PINSA ROMANA ?
La famiglia è quella della pizza, ma le origini sono diverse, c’è chi sostiene infatti, che sia addirittura più anziana. Iniziamo un viaggio alla scoperta delle origini e dell’evoluzione della Pinsa Romana, un prodotto poco conosciuto fino a pochi anni, oggi diventato un protagonista assoluto della cucina italiana.
La Pinsa è nata nel Lazio, nei dintorni di Roma, diversi secoli fa. Un alimento frutto del genio dei contadini, che non potevano certo permettersi di sprecare nemmeno un grammo di quella farina ottenuta con tanta fatica.
Il prodotto più raffinato e lavorato era destinato ai mercati, la parte più grezza, quella che si potrebbe impropriamente definire “scarto”, non si vendeva.
Il mix di farine, quelle che erano considerate “scarti” delle diverse lavorazioni hanno permesso di dare vita alla Pinsa.
Quei sacchi di farina erano preziosi, il grano era l’oro degli antichi, e nessuno si sarebbe mai sognato si sprecarne nemmeno un grammo. I contadini laziali iniziarono così ad utilizzare queste farine poco lavorate, integrali, per creare un impasto con lievito madre a lunga lievitazione.
Fu così che nacque la Pinsa, in origine simile ad una focaccia croccante e leggera, condita solo con olio, sale e salvia, dalla forma tipicamente allungata.
LE ORIGINI DELLA PINSA E DEL SUO NOME
Per ricostruire la storia di questo fantastico prodotto ci viene in soccorso la letteratura antica.
Nel VII libro dell’Eneide di Virgilio si narra dell’arrivo di Enea nel Lazio, stremato e affamato dal lungo viaggio, viene accolto dal re Latino e dalla figlia Lavinia.
Per accogliere e rifocillare i viaggiatori gli offrirono alcuni prodotti locali molto diffusi anche tra i contadini, proprio in questo passaggio del racconto si trova un punto particolarmente interessante:
Enea col figlio e co’ suoi primi duci a l’ombre d’un grand’albero in disparte degli altri a prender cibo insieme unissi.
Eran su l’erba agiati; e, come avviso creder si dee che del gran Giove fosse, avean poche vivande; e quelle poche gran forme di focacce e di farrate in vece avean di tavole e di quadre, la terra medesima e i solchi suoi ai pomi agresti eran fiscelle e nappi.
Altro per avventura allor non v’era di che cibarsi.
Si parla di una “gran forma di focaccia”, non rotonda ma allungata, servita ad Enea come primo pasto dopo il lungo viaggio. Ecco la prima testimonianza storica della Pinsa, un prodotto figlio dell’antica cultura popolare e contadina.
Così appaiono le forme di Pinsa prima di essere cotte, simili a focacce, con un impasto ricco di Alveolature.
Virgilio la presenta come un pasto povero, con farine grezze, poco raffinate, semplicemente impastate con acqua e sale, cotto in forno e condito con sale ed erbe aromatiche.
Il nome stesso della Pinsa Romana deriva proprio dal latino, dal verbo pinsère che, letteralmente, significa allungare, come l’aziona compiuta dai contadini che ne stendevano l’impasto prima di infornarlo.
L’EVOLUZIONE DELLA PINSA, UNA STORIA PARTICOLARE…
Insomma, il puzzle sembra ormai completo, un’antenata della pizza, nata come focaccia in epoca romana, sottile e ovale, realizzata con farine integrali, usata dai Romani come accompagnamento di molti piatti tradizionali.
Leggendo queste parole possiamo quasi immaginare il contadino che macina i chicchi di frumento, setaccia la farina, la impasta con acqua, erbe aromatiche e sale e ne ottiene una focaccia sottile che fa poi cuocere al calore della cenere su una pietra.
Un’immagine che richiama le nostre tradizioni popolari, quelle che i nostri nonni ci raccontavano la sera a tavola, che sono nel DNA della cultura del nostro paese.
La nostra Pinsa ha un impasto unico, creato con un mix esclusivo di farine. Perfetta per la nostra creatività.
Un’immagine romantica ma che ha poco in comune con la Pinsa che conosciamo oggi, non più una semplice focaccia condita solo con olio, sale e salvia ma un prodotto ricco di condimenti e abbinamenti particolari, che si sposa con moltissime pietanze della tradizione culinaria nostrana, con ricette che variano molto da una regione all’altra.
Un prodotto in origine conosciuto solo nel Lazio, una ricetta conservata e tramandata da madre in figlia all’interno delle famiglie, diventato oggi un portabandiera della nostra cucina in Italia e all’estero.
Vi starete chiedendo come la Pinsa possa essere cambiata così tanto, per rispondere dobbiamo però superare un piccolo “mito” del mondo della cucina: quando ci addentriamo nel campo della tradizione culinaria, dei prodotti regionali, pensiamo di trovarci in un regno antico, immune ai cambiamenti e alle novità, con piatti e ricette che rimangono immutati nei secoli. Ma non è così.
UNA STORIA DI INNOVAZIONE E CONTAMINAZIONE
La cucina è in costante innovazione, ricerca, sperimentazione. Non quella degli chef patinati di oggi che propongono oltraggiose rivisitazioni, ma quella nata dalla genialità popolare e contadina che con poco riusciva a fare molto.
Le ricette viaggiavano da una regione all’altra attraverso i racconti di viaggiatori e commercianti, si contaminavano con altre culture locali dando vita a infinite varietà.
Se lasciamo correre giusto un po’ l’immaginazione, potremmo anche immaginarlo quel pizzaiolo campano a cui hanno parlato di questa focaccia dall’impasto integrale e leggero.
Non ha potuto resistere, si è dovuto far svelare la ricetta, l’ha preparata come l’originale e poi, guardandola, si sarà domandato “Perché non aggiungere qualche ingrediente?” ed ecco una prima evoluzione della Pinsa.
Un impasto che trattiene l’aria durante la cottura, per dare vita ad una Pinsa leggera e digeribile.
I Maestri panificatori di tutta Italia, negli anni, l’hanno saputa innovare nel segno della tradizione.
Oggi la Pinsa romana è un punto fermo della panificazione italiana. La sua anima non è cambiata, è un impasto di farina di riso, frumento, soia con lievito madre naturale, con poco sale e a lunga lievitazione, che la rendono povera di grassi e di sale, leggera e altamente digeribile.
I maestri pizzaioli hanno dato il loro meglio nella ricerca di abbinamenti sempre nuovi, le ricette che si possono gustare in giro per l’Italia sono oggi moltissime, frutto del sapiente abbinamento di prodotti diversi.
Senza timore di smentite possiamo dire che la Pinsa è il prodotto da forno che conosce il maggior numero di ricette e influenze culinarie.
LA PINSA È INNOVAZIONE NELLA TRADIZIONE,
L’ANIMA DEL PINSOTTO, L’ANIMA DEL DON VINCÈ!
Il Pinsotto deve il suo nome proprio alla Pinsa e dalla Pinsa prende ispirazione per crescere ogni giorno con un occhio fermo sulla tradizione e l’altro rivolto sempre verso l’innovazione e la ricerca.
Innovazione e tradizione, concetti che sembrano opposti, antitetici, ma solo in apparenza e soprattutto non in cucina. Solo chi conosce a fondo le tradizioni della nostra cucina, la cultura contadina e le storie che stanno dietro ogni prodotto può riuscire a creare ricette nuove che esaltino e valorizzino i prodotti utilizzati senza stravolgerne i sapori.
Una delle nostre creazione, l’unione tra gusti e sapori diversi.
Gusti unici e originali, una cucina sana e leggera, prodotti tradizionali valorizzati da una creatività rispettosa dei sapori nostrani, sono l’anima e l’elemento distintivo del Pinsotto e delle sue Pinse uniche. I nostri prodotti sono veri e proprio ambasciatori dei sapori mediterranei e delle terre del sud.
La Pinsa ci ha permesso di dare libero sfogo alla nostra passione per la cucina, nei nostri locali si possono assaporare gusti autentici, ingredienti tradizionali ma anche abbinamenti innovativi.
Una delle nostre Pinse più apprezzate: la Mortazza!
Amiamo combinare gusti diversi per creare sapori nuovi e originali, prendere prodotti regionali geograficamente distanti e unirli in una Pinsa nuova e unica è la nostra passione.
Non passa settimana senza una nuova idea o sperimentazione: perché in cucina, come nella vita, l’unione fa la forza!.
In Italia abbiamo prodotti straordinari che, se abbinati nel modo giusto, possono portarvi alla scoperta di gusti e sapori ancora inesplorati.
Ci muoviamo in cucina come su un pianoforte, prendiamo ingredienti diversi, li amalgamiamo tra loro fino a che non sono in armonia, così nascono le nostre Pinse, come canzoni.
Al Pinsotto accostiamo le tradizioni culinarie delle diverse regioni, prodotti del sud con specialità del nord, prodotti di mare e di terra che si uniscono e bilanciano alla perfezione. Il nostro motto è “l’esperienza del gusto”, non è un caso, ma è la radice del nostro approccio al mondo della cucina.
Vogliamo pensare che la nostra passione, la ricerca e la sperimentazione continua con i prodotti tradizionali delle nostre regioni alla ricerca di gusti nuovi, riescano a lasciare un piccolo segno nella cultura culinaria e nel mondo della Pinsa.
La ricetta:
Ingredienti:
75% farina “0” Forte W 400
10% farina tipo 2 W 300
10% farina di Riso
5% Farina di Farro
2 gr pro per Kg LDBF
80% idro ( composto da una percentuale di ghiaccio a seconda della temperatura ambiente, l’impasto dovrebbe uscire a circa 20°)
2,5% Sale
2,5% Olio Evo
800 ml di Acqua di cui 150 gr di ghiaccio ( a seconda della temperatura ambiente l’impasto dovrebbe uscire a circa 20°)
Procedimento
- Mettere farina e lievito nell’impastatrice (fortemente raccomandata impastatrice a spirale a due velocità) e miscelare;
- Versare l’80% dell’acqua e impastare a velocità 1 fino a miscelare bene farina e lievito, passare a velocità 2 per circa otto minuti;
- Mettere il sale a temperatura impasto fra 16°-19° e far girare fino a farlo inglobare completamente;
- Mettere olio e far girare e far girare fino a farlo inglobare completamente;
- Versare l’acqua restante a filo molto lentamente fino al completo assorbimento;
- Tempo complessivo impasto 20 min;
- Temperatura finale impasto: 20°-23°C
Nel caso di impasti che non prendono la giusta “corda” e non sviluppano al meglio la maglia glutinica ricorrere alla lievitazione.
- Far riposare impasto per 30 minuti durante i quali effettuare una ventilazione ogni 10 min.
I tempi di impastamento possono subire variazioni in base al cambio di temperatura e al tipo di impastatrice utilizzata.
LIEVITAZIONE
La fase di lievitazione è fondamentale e influisce sulla maturazione, determinante per la digeribilità e la peculiare fragranza del prodotto Pinsa.
Ad impasto terminato attendi il giusto tempo di riposo a temperatura ambiente prima di metterlo in frigo.
Il tempo di attesa a temperatura ambiente dipende da vari fattori:
- temperatura finale impasto
- temperatura laboratorio
- quantitativo lievito utilizzato
- ore di lievitazione da raggiungere
Successivamente è possibile procedere in questo modo:
- Porre l’impasto in frigo per minimo 24 ore massimo 96 ore (evitare di arrivare a 120 o più ore, non necessario);
- Dopo le 24 ore applicare lo staglio formando i “pesetti o pezzature” da utilizzare successivamente, altrimenti potranno essere riposti in frigo a lievitare, migliorando ulteriormente la maturazione.
Seguendo tutte queste procedure al meglio l’impasto e il prodotto finale Pinsa avranno delle proprietà principali:
- poche calorie
- pochi grassi
- alta digeribilità
- fragranza
- friabilità esterna – croccante fuori
- involucro morbido – morbida dentro
(mettere tutta la massa in frigo a temperatura controllata 2°-4°, poi fare la pezzatura da 240 gr con un minimo di tre pieghe)
Impasto Diretto
Precottura 300° cielo 250° platea
Cottura 300° cielo 275° platea
Perché fare le pieghe?
Fare le pieghe consente agli impasti di ottenere maglia glutinica più strutturata, di rinforzare l’impasto (ed infatti, le nostre nonne le chiamavano proprio le “pieghe di rinforzo” del pane) consentendogli di aumentare di volume in altezza, e di eliminare i gas già prodotti favorendo così una perfetta lievitazione.
Quando fare le pieghe?
Le pieghe agli impasti si fanno durante la prima lievitazione: partendo da un impasto ben incordato, lavorato per almeno 15 minuti, si possono fare le pieghe subito dopo l’incordatura oppure si fa lievitare il panetto fino al raddoppio e si procede alle pieghe di rinforzo. Dipende dalla tecnica di preparazione, dall’idratazione dell’impasto e dal procedimento che si vuole seguire.
Quali pieghe fare?
Le pieghe possono essere a 2 o a 3 e sono pressoché equivalenti. In entrambi si tratta di stendere l’impasto a forma di rettangolo e di piegarlo in 2 o 3 parti, chiudendolo a libro. Quelle che vi spiego in queste foto passo passo, sono le pieghe a 3 ma il procedimento per quelle a 2 è molto più semplice e segue la stessa logica.
ESEMPIO DELLE PIEGHE
Ricapitolando: quando volete impastare pane, pizze, focacce o brioche procedete con questi step per ottenere un risultato perfetto.
– Impasto (in planetaria o a mano)
– Prima lievitazione (o maturazione in frigorifero)
– Giro di pieghe (1 o 2 a seconda dell’impasto e del tempo a disposizione)
– Riposo del panetto ottenuto dalle pieghe
– Definire la forma dell’impasto (pagnotta, filoncini, panini, impasto in teglia, brioche…)
– Seconda lievitazione
– Cottura
LA BACIATA
La pizza baciata è così chiamata perchè si prepara cuocendo due impasti appoggiati uno sopra l'altro che rimangono facilmente separabili grazie ad una generosa spennellata d'olio sulla superficie.
Due sfoglie dalla consistenza croccante rese ancor più invitanti della farcitura.